La rubrica creativa:
“Arte e Poesia”
"Arte e Poesia" è una rubrica ideata per dar spazio a qualunque forma di arte degli studenti. Qui troverete contenuti quali produzioni scritte (poesie), grafiche e musicali.
“Il senso metafisico della bellezza”
A cura di Roy Gallina.

Gentili lettori,
Non credete forse che la bellezza sia viva? essa risplende nei nostri cuori, la si vede negli occhi di una donna anziana che ancora si prende cura dei propri figli, nelle mani sporche di un padre che lavora otto ore al giorno per assicurare ogni lusso alla propria famiglia. La bellezza domina la scena laddove vi sia un abbraccio fra due persone, in una mamma che tira il latte dal proprio seno, durante la pausa pranzo a lavoro, per la propria bambina.
E spesso grandi artisti, quali pittori, musicisti e poeti, sono stati in grado di immortalare momenti di eterna bellezza manifestata poi attraverso la propria arte. Un'arte portatrice di concezioni sempre nuove di bellezza, con principi differenti, una bellezza ora legata alla perfezione matematica, ora legata alle emozioni trasmesse da quel mondo di finzione.
Infatti che cos'è l'arte se non un mondo di finzione(dal latino fingo) plasmato dalle menti umane più raffinate?
Tanto si parla di bellezza, una bellezza che spesso viene collegata alla perfezione assoluta, quasi surreale. E questa è una reminiscenza, uno spirito giuntoci da un passato lontano.
Nel corso del Rinascimento sono diversi gli exempla di bellezza assoluta: la Venere di Botticelli(1485) che celebra la perfezione del corpo femminile, il David di Michelangelo(1504) che celebra la perfezione del corpo maschile.
Qual donna non vorrebbe forse avere le forme della Venere di Botticelli?
Una composizione armoniosa, un corpo dalle giuste forme, la pelle candida, i capelli biondi, una sinuosità che percorre ogni millimetro del corpo della donna protagonista del dipinto, raffigurante una certa Simonetta Vespucci, promessa in sposa a Giuliano de Medici.
E nel dipinto rinascimentale, conservato oggi al museo degli Uffizzi di Firenze, sembra quasi che l'artista celebri i versi del sonetto di Petrarca: <<Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea...>>.
E voi uomini, non vorreste forse possedere le bellezze del David michelangiolesco? Quante donne vi girerebbero attorno!
Ogni uomo infatti possiede un'idea impressa nel proprio intelletto che viene incarnata dal David di Michelangelo. Un uomo possente, un corpo robusto, un fisico scolpito, alto quanto necessario, e uno sguardo fisso che domina la scena perché è con il pensiero che David uccide Golia(la razionalità vince sulla ferinità). Delle mani molto grandi, in quanto strumento del pensiero, attirano la nostra attenzione. Anche questa una composizione armoniosa legato al movimento sinuoso del corpo, reminiscenza policletea.
Una bellezza ideale che va rintracciata nell'essenza rinascimentale stessa: il riferimento al mondo classico greco che si pone in un rapporto di mimesis con la natura, ma che cerca di rappresentare l'uomo nella sua veste migliore.
E senza dubbio la bellezza così celebrata permea tutta la storia dell'arte e della letteratura: facciamo riferimento alla <<nobile semplicità e quiete grandezza>> di Winckelmann, teorico tedesco dell'estetica neoclassica, incarnata perfettamente dallo scultore italiano Antonio Canova, o da artisti contemporanei quali l'italiano Roberto Ferri, la cui resa dei corpi è evidente essere classica.
Ma l'uomo può limitarsi a una concezione ideale di bellezza?
Botticelli è promotore di una bellezza limitata all'interno di una linea, quella della matita, che conferisce un senso di assoluta perfezione, ma che ci guida verso una visione non autentica della natura umana: quella linea di contorno blocca ogni sentimento, limita le passione perché se queste venissero mostrate, allora il dipinto non sarebbe poi così perfetto(la bellezza legata a canoni di perfezione assoluta).
Nel corso della storia, i vari artisti, attraversando periodi sempre più complessi, sono stati messi a dura prova e non hanno potuto fare a meno di rendere protagonisti delle loro opere i sentimenti, mostrandoli sempre con una certa eleganza, ma cominciando a pensare che la bellezza trionfi nell'esplosione di emozioni. L'uomo bello infatti si emoziona: se l'uomo fosse bello solo perchè perfetto, allora esso dovrebbe essere solo di corpo e non un sinolo di anima e corpo(Aristotele)!
La bellezza diventa allora la manifestazione delle proprie emozioni, delle proprie cicatrici.
Già nel Manierismo si cominciano a vedere opere portatrici di nuovi ideali di bellezza. L'arte del Manierismo oltretutto è influenzata dal difficile periodo storico in cui trae le proprie radici: la crisi della Chiesa causata dalla riforma luterana. Una denuncia all'ipocrisia che ha sempre caratterizzato la Chiesa, un'accusa tagliente contro la vendita delle indulgenze, un disvelamento delle verità.
L'uomo del Manierismo risente di questo difficile periodo e non può far altro che manifestare questi sentimenti attraverso la propria arte: la "Gerusalemme Liberata" di Torquato Tasso, la "Deposizione" di Rosso Fiorentino, una composizione che non è più perfetta, ma tormentata da un'instabilità causata, fra le tante cose, dalle teorie eliocentriche che smontano la concezione dell'uomo al centro dell'universo in quanto fine ultimo di Dio.
E tralasciando la bellezza estenuante delle opere barocche, ci avviciniamo a una visione nuova della Venere che non è più solo la bellezza ideale assoluta(opere neoclassiche di Canova dove però c'è già un appunto al pathos!), ma diventa protagonista di scene nuove come nell'opera romantica di Delacroix, "La libertà che guida il popolo", una popolana posta al centro della scena che guida una rivolta di soli uomini con i seni nudi(che scandalo!).
E se è vero che l'uomo può fare conoscenza solo attraverso i propri sensi che producono in lui delle percezioni, l'arte impressionista lo conferma: una visione del tutto nuova della realtà, relativa alle nostre percezioni. Bastano poche pennellate, ma giustapposte, per darci l'impressione di un albero.
Che senso ha rappresentare l'assoluta perfezione di un corpo femminile, quando possiamo rappresentare un corpo femminile perfetto nella sua imperfezione?
"Le bagnanti" del pittore francese Renoir sono senza dubbio esaustive a tal proposito.
Il pittore impressionista infatti non intende raffigurare delle belle donne, egli dice: <<Amo la pittura grassa, liscia, untuosa, amo palpare un quadro, passarvi la mano>>. L'arte diventa così carne, diventa corpo, la bellezza femminile non si ferma ai principi di ponderazione, ma supera ogni limite per toccare il sublime: la bellezza diventa metafisica.
L'uomo è sempre più tormentato, la guerra ha su di lui un impatto brutale e decisivo che lo apre a nuovi orizzonti. La donna diventa quella del quadro "Marzella" di Kirchner. Qui la bellezza non è nel corpo, ma nello sguardo. Lo sguardo è lo specchio dell'anima, gli occhi sono quasi impercettibili tanto è il nero che li ricopre. Il pesante trucco fa trasparire la sua coscienza corrotta che accetta la propria condizione perché l'arte serve a denunciare l'ipocrisia dell'uomo contemporaneo ed è ipocrita chi crede che la bellezza sia perfezione.
Ancora oggi la bellezza ha un forte impatto su noi tutti. Sui social vengono spesso promossi certi ideali che portano l'uomo a credere che un seno perfetto, degli addominali scolpiti e un sodo posteriore, siano sinonimi di bellezza. Ma possiamo ridurre la bellezza dell'uomo a questa superficialità?
Un animo buono rende l'uomo bellissimo, soprattutto se affiancato dalla gentilezza, ma di questo ci occuperemo nel prossimo articolo.
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